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Come ridurre l’impatto ambientale del nostro bucato?

Come sappiamo, ad ogni nostro gesto corrisponde un impatto ambientale. E, ovviamente, lavare il bucato non è da meno. Come possiamo capire e ridurre l’impatto ambientale del nostro bucato?

Lo scorso anno vi abbiamo parlato di alcuni progetti di ricerca in tema ambientale che coinvolgevano gruppi italiani. Nell’ambito di uno di questi progetti (Mermaids), lɜ ricercatorɜ del CNR-IPCB di Pozzuoli hanno preso in esame il contributo in microfibre causato dai capi sintetici lavati in lavatrice. In questo articolo, i risultati principali di questo lavoro.

Perché lavare il bucato in lavatrice contribuisce all’inquinamento da microplastiche?

La combinazione di stress meccanico (in poche parole, il movimento del cestello della lavatrice) e chimico (l’uso di detersivi) fa sì che le microfibre si stacchino dai vestiti, che vanno quindi a finire negli scarichi. Gli impianti di trattamento non riescono a trattenere le fibre di dimensioni più piccole, che quindi finiscono in mare. Le microplastiche vengono poi ingerite dalla fauna marina entrando nella catena alimentare.

Microfibre, viste al microscopio elettronico, rilasciate dagli indumenti (credits: sciencedirect.com)

I lavaggi di capi sintetici sono la primaria fonte di inquinamento delle microplastiche1, contribuendo per il 35% al rilascio mondiale di microplastiche.

IUCN (l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura)

Lɜ scienziatɜ del CNR hanno simulato i lavaggi domestici utilizzando diverse tipologie di capi ed analizzando cosa succede ai vari tipi di fibre (analizzate al microscopio) ad ogni lavaggio. Sono state prese in esame diverse tipologie di indumenti: due 100% poliestere, una maglia in poliestere parzialmente riciclato ed una maglia a maniche lunghe parte davanti 100% poliestere, parte dietro 50% cotone, 50% modal.

Lɜ ricercatorɜ hanno simulato i lavaggi “casalinghi” (40 gradi di temperatura, con detersivo liquido, 1200 rpm di centrifuga). Ogni carico di lavaggio era composto da capi di abbigliamento con le stesse caratteristiche.

Le microfibre sono state raccolte con filtri via via a maglia più stretta e poi analizzate.

Photo by Erik Witsoe

I risultati in breve:

  • più stretto è l’intreccio dei filamenti che compongono il tessuto, meno microfibre vengono rilasciate
  • Dopo 4-5 lavaggi, la quantità di microfibre rilasciata diminuisce drasticamente fino a raggiungere un plateau, solitamente dopo pochi lavaggi
  • ogni capo ha rilasciato ad ogni lavaggio fra i 120 ed i 300 microgrammi per kg (corrispondenti a 600,000-1,500,000 microfibre)

Cosa possiamo fare noi?

Grazie alle informazioni ed ai consigli forniti dal sito del progetto Mermaids, riportiamo alcune buone pratiche per limitare la quantità di microfibre che finisce in mare:

  1. Comprare usato: abbiamo contattato i responsabili del progetto, chiedendo se comprare usato potesse essere una soluzione e la risposta è stata “assolutamente sì”! Infatti, gli indumenti usati sono già stati lavati molte volte ed hanno quindi già rilasciato la maggiore quantità di microfibre.
  2. Lavare a pieno carico: caricare al massimo la lavatrice fa sì che ci sia una minore frizione fra i capi e, quindi, una minore quantità di microfibre rilasciata da ogni indumento.
  3. Lavare a basse temperature: le alte temperature tendono a danneggiare i tessuti, che quindi si deteriorano più facilmente.
  4. Preferire un detersivo liquido: i granuli dei detersivi in polvere potrebbero avere un effetto “scrub” sui tessuti.
  5. Scegliere fibre naturali: preferire canapa, cotone (se possibile biologico), lino, bamboo, ecc.

Questi risultati potrebbero suggerire i possibili cambiamenti nel design dei tessuti prodotti dall’industria dell’abbigliamento, che potrebbero contribuire alla riduzione del rilascio di microplastiche.

Gli autori dell’articolo
AutoriF. De Falco , E. Di Pace, M. Cocca, M. Avella
TitoloThe contribution of washing processes of synthetic clothes to microplastic pollution
Linkwww.nature.com/articles/srep37551

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