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LCT e LCA dentro il cestino dei rifiuti

Pubblichiamo oggi con grande piacere il secondo articolo di Stefania Magnani*, che ci illustra come si applicano il Life Cycle Thinking e il Life Cycle Assessment alla gestione dei rifiuti.

Come si applicano LCT e LCA ai rifiuti?

Potrà sembrare scontato dirlo, ma si applica come abbiamo visto per la nostra mela, cioè tenendo ben presente che il sistema “gestione dei rifiuti” andrà ad inserirsi in un preciso contesto e analizzandone gli impatti diretti e indiretti, ma con qualche accorgimento in più, perché in questo caso non stiamo analizzando un oggetto, ma un sistema (o un servizio).

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L’importanza del contesto

Calare il sistema nel contesto è così importante che la Direttiva Quadro Europea sui rifiuti (Waste Framework Directive) ammette deviazioni dalla gerarchia dei rifiuti, se giustificate dall’LCT.  La gerarchia dei rifiuti possiamo dire che sia la “lista delle azioni” sui rifiuti, ordinate dalla più preferibile a quella da impiegare il meno possibile ed è riassumibile con questa sequenza: 

  • riduzione
  • preparazione per il riuso
  • riciclo
  • recupero (di energia)
  • smaltimento (discarica e incenerimento senza recupero energetico).

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L’alternativa migliore

Nell’ambito della gerarchia, inoltre, LCT e LCA permettono di identificare le migliori alternative all’interno di uno stesso livello della gerarchia (per esempio quale tipo di riciclo sia migliore).

Le applicazioni più frequenti nel campo dei rifiuti sono il confronto fra più alternative di trattamento per una data frazione di rifiuto (per esempio l’indifferenziato, la plastica, l’umido etc.) e la quantificazione dei benefici ambientali  che possono derivare dal mettere in atto un nuovo sistema o una nuova strategia.

L’unità funzionale

Si definiscono quindi una “unità funzionale”, cioè:

  1. la quantità di rifiuto a cui si riferiscono tutte le altre quantità presenti nello studio (risorse, emissioni ecc.),
  2. un orizzonte temporale in cui calcolare gli impatti (per esempio, una discarica necessita di un orizzonte temporale più lungo)
  3. e i confini del sistema (cioè, stabilire se si considerano gli impatti da quando l’oggetto finisce nel cestino o da quando entra in ricicleria, per esempio).

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Ovviamente, analizzare gli impatti dovuti al trattamento dei rifiuti è un’operazione complessa, che richiede una lunga attività di ricerca (o rilevamento) di dati e l’uso di software specifici per l’LCA.

Nella pratica

Per cercare di fare un esempio dell’ampiezza della materia, al posto della nostra mela, consideriamo una tonnellata di rifiuto umido (frazione organica).

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1. Questa tonnellata viene raccolta:

  • Con un sistema porta a porta o con l’uso di bidoni? 
  • I mezzi per la raccolta sono a diesel, gas, benzina o elettrici?

2. Poi viene portata in un centro di trattamento:

  • a quale distanza?
  • con quali mezzi?

3. A questo punto bisogna chiedersi quale trattamento scegliere:

  • un compostaggio, ovvero un impianto che riceve la frazione umida e la trasforma in compost?
  • o un impianto di digestione anaerobica, cioè un impianto “più difficile” in cui i rifiuti sono “digeriti” in un reattore controllato in cui si produce gas?

4. Ipotizzando di scegliere il secondo, ci troveremo poi a dover decidere cosa fare sia del prodotto “primario”, cioè del gas, che di quello di scarto, cioè ciò che rimane nel reattore dopo che il rifiuto è stato “digerito”:

  • possiamo decidere di “ripulire” in modo blando il gas e utilizzarlo sul posto, per produrre il calore e l’elettricità necessari all’impianto di trattamento stesso e, in caso di eccedenze, distribuirli all’esterno;
  • oppure possiamo trattare il gas in modo più spinto e trasformarlo in biometano utilizzabile dai mezzi di trasporto.

Nel primo caso, eviteremo gli impatti ambientali derivanti dall’energia elettrica e termica che altrimenti avremmo preso dall’esterno (stiamo utilizzando una fonte rinnovabile per produrle). Nel secondo risparmieremmo le emissioni di un certo numero di veicoli che marciano per un certo numero di chilometri.

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In entrambi i casi, però, dobbiamo chiederci se esista un utilizzatore esterno, cioè se effettivamente ci sia qualcuno a cui si può distribuire il nostro eventuale eccesso di energia o il biometano per autotrazione. È da notare, poi, che dall’inizio abbiamo fatto ipotesi implicite: che l’umido sia separato correttamente e non vada in discarica per esempio.

Trasformare i rifiuti in risorse

Il bello dell’LCA applicato ai rifiuti è che ci mostra che, se correttamente gestiti, i rifiuti possono a modo loro essere una risorsa: ci permettono, in alcuni casi, di “abbassare il volume” ad altre fonti di impatto ambientale.

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Nel nostro esempio abbiamo evitato in un caso di utilizzare della corrente elettrica per l’impianto e, a seconda di come quella corrente è stata prodotta, abbiamo avuto un beneficio (beninteso, comunque gli impianti di trattamento rifiuti hanno degli impatti ambientali, che però sono ovviamente inferiori al lasciare i rifiuti nell’ambiente). Nell’altro caso, abbiamo risparmiato della benzina, magari quella per i mezzi per la raccolta dei rifiuti porta a porta.

Ogni frazione di rifiuto merita un approfondimento quando si parla di LCA, perché si va a fare uno studio approfondito di un sistema complesso di suo, cercando di sviscerarne come sempre  forze, debolezze,  impatti e risorse nascoste.

* Ingegnere ambientale, autrice di una Tesi di laurea specialistica dal titolo Plastic waste: LCA of different management scenarios, incentrata sui rifiuti in plastica. Stefania, nella sua carriera professionale, si dedica principalmente sul fronte del trattamento acque ed è specializzata nelle tecnologie di risanamento ambientale.

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